Esiste il mondo che vogliamo?

…..riflessioni leggendo un libro

“Per il Bene Comune. Dallo Stato del Benessere alla Società del Benessere.”

(Bruno Amoroso)

“Una prima lettura dà la sensazione di un fantastico filosofare su temi economici …. eppure andando avanti la curiosità è sollecitata dalla riflessione non tanto sul danno ormai fatto al mondo attraverso la globalizzazione, ma sull’approccio con cui viene stesa la critica costruttiva attraverso proposte di nuove alternative”

Il mondo che vogliamo…..

Ma lo vogliamo davvero un mondo diverso da quello in cui viviamo? Se sì, o non sappiamo cosa vorremmo di diverso o non siamo tanto coraggiosi per dare forma ad un progetto alternativo realistico. Ogni cambiamento rappresenta una crescita che richiede serio impegno quotidiano ed esercizio. Noi non siamo più abituati né all’uno, né all’altro. I sogni più ambiti sono il potere, denaro, possesso… siamo diventati una sorta di lupi, come dice  Marshall. Ciascuno di noi nel suo piccolo emula ciò che i “predatori” recitano nel film della vita. Leggere Amoroso e le “teorie della Società del Benessere” è come approdare su un’oasi di pace per chi si sente asfissiato e sopraffatto dall’afa nel deserto, ma per un drogato di potere è come il peggior incubo in stato di astinenza!

Il flusso storico [1] riproposto da Amoroso ci agevola nella comprensione della genesi della globalizzazione, di quanto sia e non sia stato fatto, tentato da qualcuno che prima di noi si è sentito più o meno responsabile nel disegnare strade percorribili che ci hanno si condotto ahimè alla deriva con l’economia criminale esercitata dalle istituzioni della Triade, ma ci hanno anche resi spettatori e partecipi di un grandioso processo di innovazione scientifica e tecnologica.

Sta a ciascuno di noi adesso individuare responsabilmente la risposta adeguata agli stimoli di questa sfrenata e frenetica innovazione, al plagio della cultura del consumismo, attraverso un reindirizzamento degli obiettivi finalizzati, d’accordo con Amoroso, al Benessere di tutti noi.

Che forma di Benessere cerchiamo? E prima ancora: la stiamo cercando?

Forse la cerchiamo, ma non siamo tutti allineati nella consapevolezza di cosa vogliamo. Forse non siamo in grado di renderci conto delle responsabilità delle nostre azioni, e rischiamo di perseverare nel commettere gli errori già sperimentati nel passato, che si manifestano oggi attraverso la distruzione lenta ma reale del nostro pianeta, l’emarginazione, l’isolamento dei più deboli, il consolidamento di una casta sempre più ristretta di attori politici che ci avviluppano come piovre e, rincorrono sempre più velocemente obiettivi personali, realizzabili attraverso una sempre più affermata forma di dittatura che spegne i nostri slanci attraverso effimere illusioni di benessere consumistico.

Se il metro del nostro benessere è rappresentato da ciò che possediamo, poco o tanto che sia, siamo già fuori strada perché ormai non possiamo più permetterci il lusso di guardare a ciò che abbiamo, bensì sarebbe opportuno e sano guardare come stiamo vivendo e come forse andremo avanti. Certo è che chi è dentro le “gabbie e steccati dei gruppi privilegiati” non è sfiorato da alcuna riflessione costruttiva se non per interessi che distruggono chi è al di fuori.

Quindi ci si può aspettare spinte verso un cambiamento solo da parte di chi ne sente realmente la necessità. Ed è una realtà già abbastanza concreta a quanto dice Amoroso, sia quella dei movimenti che si attivano per politiche umanitarie di aiuto verso i più deboli (più o meno strumentalizzate), sia per altre forme di associazione (es. Petrella, Caffè) che negli ultimi anni hanno rappresentato una sorta di aperta denuncia accompagnata da slanci vitali e attività educativa propositiva.

L’UBC [2] è l’esempio che testimonia la riflessione e la propositività di chi ancora desidera una vita Migliore, quella sorta di riscoperta di una “Vita Normale“, del Bene Comune, di chi crede nella ricostruzione di un nuovo Mondo. L’UBC rappresenta un forte ed indispensabile veicolo di sensibilizzazione e stimolo ad un’alternativa, sia essa anche “utopica”.

Non è fondamentale il profilo utopico o meno della proposta…è l’attitudine alla riflessione la cosa più importante, perché la mancanza di attenzione, di buon senso, di intuito, rappresentano la leva più importante nelle mani di coloro che lavorano sull’omologazione e l’appiattimento delle culture, che ci spingono in quel vortice inarrestabile della droga dei consumi che ci ubriacano di senso di adeguatezza sociale e innescano quei meccanismi indotti che ci fanno scivolare sempre verso le scelte più facili, ovvero quelle mercificabili.

Purtroppo è ancora molto sordo il richiamo dei centri culturali. Del resto è arduo non cadere nelle trappole dell’informazione pubblicitaria comune e della politicizzazione che rende prede facili.

Realizzare comunque il programma di un “Nuovo Mondo” è estremamente impegnativo, ma limitare i danni della globalizzazione e tracciare l’abbozzo di un sentiero di una mondializzazione è fattibile anche nel breve. Ci vuole più sforzo divulgativo che dovrebbe essere condiviso da ciascuno di noi.

Il fallimento della ricostruzione post guerra mondiale, l’inadeguatezza dei sistemi di welfare e l’illusione dello stato del benessere, hanno indotto un meccanismo economico, politico e sociale che ha strappato identità e ricchezza ai popoli più poveri, arricchito i ricchi, esaltato gli attori predatori della Triade istituzionale (FMI, BM, OMC), che hanno lavorato sodo per accumulare profitti alimentando un’economia d’azzardo attraverso l’agevolazione di speculazioni finanziarie e industriali, favorendo e stabilizzando la diffusione di “centri di salute” per i capitali, “club esclusivi” ad uso dei familiari più stretti, praticanti arti nobili quali traffico d’armi, droga, prostitute e organi.

Un quadro drammatico? Forse troppo….ma è il capolavoro che abbiamo partorito attraverso un processo entropico creato dal capovolgimento del modello di crescita capitalista. La firma è dell’uomo, che ha operato a suo vantaggio a danno del più debole, spinto da un’insaziabile sete di potere e denaro che abita e abiterà sempre nella sua anima.

La frase citata da Amoroso di A. Marshall (Principle of Economics) è a dir poco descrittiva in riferimento all’operato della Triade ed alle inevitabili conseguenze, quasi pittoresca:

“Una razza di lupi coi piani ben elaborati per cacciare in mandrie ha maggiori probabilità di sopravvivere e di affermarsi. Ma ciò perché questi piani gli consentono di prendere la preda, non perché conferiscono un bene all’umanità”

Possiamo restituire i Beni all’umanità?

Potremmo cominciare ad avere più rispetto verso noi stessi, attraverso una riflessione più attenta ed un risveglio coatto dall’intorpidimento causato dalla globalizzazione. Ma non basta: in ciascuno di noi dovrebbe maturare una forte coscienza collettiva che ci consenta di apprezzare e valorizzare i beni collettivi come l’acqua, l’atmosfera, il clima, gli oceani…..abbiamo saputo solo saccheggiarli seguendo la rotta dell’autodistruzione. Eppure qualcosa si muove……l’impegno di studiosi come Elinor Ostrom [3], forniscono un contributo preziosissimo ai fini dell’individuazione di un sistema alternativo che garantisca la sostenibilità di una gestione diversa dei Beni. Come? Analizzando le condizioni che devono verificarsi affinchè le “common properties” non degenerino. Certo è che di primo acchito, per un profano, gli studi condotti dalla Ostrom hanno apparentemente un senso di alienazione dalla realtà (dalle risorse di caccia degli Indiani d’America alle comunità di pescatori africani o alle acque sotterranee di un sistema agro-silvo-pastorale nepalese!!). Ma il grandissimo valore aggiunto del suo lavoro è rappresentato dalla ricerca di una metodologia di carattere scientifico che garantisca una solidità tale da essere riproposta e condivisa. Un prototipo da emulare e contestualizzare. Il dogma è: condividi e rispetta le regole perché le percepisci come giuste e non per calcolo di convenienza.

Redazione

[1] B. Amoroso, per il Bene Comune, pag 69

[2] B. Amoroso, per il Bene Comune, “Università del Bene Comune” pag 137

[3] Elinor Ostrom (Los Angeles, 7 agosto 1933 – Bloomington, 12 giugno 2012) è stata un’economista statunitense. Il 12 ottobre 2009 è stata insignita del Premio Nobel per l’economia, insieme a Oliver Williamson per l’analisi della governance e in particolare delle risorse comuni.